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King’s Strain

Leggere aiuta a scrivere. Leggere fa venire voglia di scrivere.
Io leggo troppo e, a questo punto, inizia a venirmi davvero voglia di scrivere. Una voglia così intensa che rischia di diventare una scimmia. Così oggi ho approfittato della giornata libera e mi sono messo d’impegno a tirare giù un racconto. Horror, brutale… brutto? Chissà.

Non lo pubblico ancora, è solo alla sua prima genesi e ha sicuramente bisogno di numerose riletture, parecchi affinamenti e, forse, anche di essere cestinato. Vedremo, vedremo. per stasera vi racconto, invece, la sua genesi.

In questi giorni sto leggendo On Writing, di King, una sorta di autobiografia del mestiere di scrittore. Libro molto interessante, davvero, soprattutto per chi ha una passione per l’argomento (persone come me, diciamo).
Durante uno degli ultimi capitoli, King presenta un simpatico esercizio che prende il via da uno spunto molto banale ma anche molto intrigante. Preleva dalla quotidianità un evento purtroppo comune, un ex marito che torna a vessare la moglie, evadendo dalla prigione dove è rinchiuso per le violenze familiari. . Poi chiede al lettore di invertire i generi e riscrivere la storia.
Una moglie che vessa il marito.

Interessante, vero?
Io ho aggiunto del mio all’esercizio. Ho trasportato questa storia nella Germania della II guerra mondiale; il protagonista è un oberst della Wehrmacht e la moglie anziché essere finita in carcere è stata gettata in un campo di concentramento per folli. Ma è fuggita.
E bracca il marito nella sua stessa casa…

Ho scritto un misto di horror, sanguinario, introspettivo: un brano di una decina di pagine che racconta questa vicenda. Pagine sufficienti, soprattutto, ad allenarmi un po’ nella scrittura.

Servirà?
Me lo saprete dire…

Prima o poi pubblicherò sul blog quel racconto; per oggi mi limito all’incipit, giusto per la curiosità. Vediamo cosa ne dite.

Herr Howitz girò la chiave nella toppa, ripassando l’elenco interminabile di incombenze che lo attendevano oltre la soglia. La giornata al Comando si era conclusa con un viaggio in compagnia di Tobby, smanioso di raggiungere i Mϋller nella loro abitazione fuori città, dove avrebbe dormito in compagnia di Etta e Hans. Un bambino di dieci anni viveva una notte del genere con un’ansia e una preparazione uniche; gli adulti perdevano questo senso di attesa incipiente con il passare degli anni, ma i bambini erano ancora capaci di stupore e meraviglia.

Seconda sessione: sesso & furti

La seconda sessione è stata condotta in un’atmosfera di ilarità ed eccitazione generale, forse dovuta ai giocatori particolarmente in vena di far casino! Ah, possa Cyric vegliare sul loro sonno…

La storia è ripartita dalla carovana in vista di Bloodstone (rocca che ha dato numerosi problemi di pronuncia al DM), accerchiata dal passo e dalle Montagne Galena. Uno spettacolo da mozzare il fiato e da dare i brividi… brividi percepiti chiaramente dal mago, al passaggio di una carovana in opposto senso di marcia. Il gruppo di eroi, su indicazione di Nickademus, ha adocchiato un simbolo del Culto del Drago (Cult of the Dragon, uno dei più bei manuali di AD&D); gli eroi, buoni andanti, hanno subito fermato la carovana e interrogato il portatore, un elfo del sole (eladrin, now) così altezzoso, ma così altezzoso “come solo un elfo del sole sa essere“… da irritare un po’ tutti. A placare animi che si stavano scaldando è giunto McGales, un nobile paladino di Ilmater, proveniente da Damara – dalla corte di Dragonsbane – che ha rapidamente interloquito e spiegato come l’oggetto sia, in realtà, una spoglia di guerra. Tensione per tensione, scambio di battute, frecciate e quant’altro… alla fine la carovana è ripartita alla volta di Palischuk, destinazione del loro viaggio, non senza lasciarsi indietro un’ombra di mistero. La percezione di Nickademus, dopotutto, era stata vaga e inquietante, come un’ombra cupa, una mano artigliata… un leggero brivido alla base del collo…

I PG hanno poi proseguito il viaggio rimorchiando – letteralmente – due pulzelle in vista di Bloodstone, due tranquille contadinotte che stavano riportando entro le mura un paio di fascine d’erba. Tre omaccioni su quattro iniziano a fare gli splendidi con le donzelle (il tiefling resta in disparte, forse per via della coda prensile), che accettano volentieri un aiuto e un passaggio, senza concedere troppo delle loro grazie. Tutti assieme si trovano quindi sulla soglia del Furetto Avvelenato, forse la specialità locale, forse solo il nome della locanda. Qui l’eroico Ghealdan tratta con il proprietario, riuscendo a strappare una camera gratis, cibo compreso, per il gruppo se avesse riempito la locanda per la sera, usando la sua arte musicale. La camera è, poi, teatro di una buffa discussione per la precedenza alla tinozza, che si conclude con Ghealdan e Shear’vis che si lavano a vicenda (o forse no?) in tinozze vicine; l’elfo, per inciso, da segni di chiaro squilibrio, parlando da solo, salutando le pozze d’acqua e sussurrano alle ombre, che fuggono da lui (i segni di squilibrio potrebbero essere del giocatore, però).

Chiusi i siparietti, è ora di cena, a base di cinghiale, patate e poco altro.  Un classico.
Poi… musica per tutti, anche se nel frattempo una cameriera è importunata da un simpatico ometto circondato da mezzorchi poco raccomandabili, e riesce a sottrarsi solo grazie all’aiuto di Ghealdan che, poco dopo, si dedica al suo mestiere preferito: suonare il liuto.

Mentre la locanda va riempendosi e la gente è attenta nell’ascoltare  la storia dell’epica resistenza della rocca e dei suoi abitanti, Altair ha la brillante trovata di andare a frugare nelle camere ora non controllate per vedere se trova “qualcosa di sospetto” (possibilmente d’oro e a forma di moneta). A parte un garzone halfling impegnato a saltare su un letto, per “provarlo”, dice lui, Altair si imbatte in quella che sembra essere la camera di un gruppo di avventurieri notato poco prima in locanda; al suo interno, oltre a qualche abito di buona fattura, trova uno scrigno, ben chiuso e resistente ai tentativi di apertura “normali”.
Il prode guerriero – con un debole per Mask, a quanto pare, nonostante fosse un helmita – ha così l’idea di chiedere aiuto a Tyra, prelevandola in fretta e furia dal piano di sotto. Le remore morali della runista, però, rallentano l’operazione di apertura, definitivamente interrotta dalle urla infuriate e preoccupate di un omone, che sbraita per il furto di “qualcosa di pericoloso”.

Le urla, provenienti da un goliath membro – forse leader – del gruppo di avventurieri precedentemente avvistato, attirano anche l’attenzione di Ghealdan, che stava discutendo con un nuovo amico, un bardo valliggiano di passaggio. In pochi istanti, i due gruppi si riuniscono nella camera dei PNG, seguiti anche da Tyra e Altair, che per ora tengono in piedi una magra copertura, cercando di non far scoprire il furto.
Il piccolo contenitore paro contenga una reliquia del potere del Re-Stregone di Vaasa, Zhengy, scoperta dai prodi eroi durante un inseguimento a un gruppo di cultisti del drago (toh, un drago!), che ora stavano portando a Dragonsbane per distruggerla. La reliquia pare essere pericolosissima… e dotata di una certa intelligenza malevola, il suo recupero è una priorità.
Tra sospetti vari, Tyra e Altair capiscono l’errore marchiano e meditano su come risolverlo senza farsi scoprire. L’esito è Tyra che lancia lo scrigno fuori dalla finestra, dopo aver finto un malore, mentre Nickademus e il mago gnomo dell’altro gruppo tallonano la traccia arcana dell’oggetto magico.
Il gruppo si fionda sulle sue coordinate, solo per trovare lo scrigno in frantumi, il ciondolo levitare a venti centimetri da terra, dotato di volontà propria, e un ragazzino svoltare proditoriamente l’angolo e venir colpito proprio dal ciondolo in questione.

Finale al climax, sessione chiusa, attesa per la prossima puntata.
Riflessione del DM: mai organizzare troppo le campagne, i PG stravolgeranno comunque le tue intenzioni e le trame che avevi pensato. Tre avventure appuntate sono state cestinate in venti minuti. Uao!